India

È passato molto tempo da quando andai in India, nello specifico nella regione del Rajasthan. Almeno un paio di anni prima che nascesse “Trekking & Nuvole”; perciò questa non sarà una piccola guida sul Paese ma una raccolta di impressioni e di consigli ripescati dalla memoria.

Cominciamo col dire perché Io e la mia ragazza scegliemmo di andare in India: ci sono principalmente due motivi, il primo è che, a parte il costo del volo, la vita li costa davvero poco, come tutto il sud est asiatico. Il secondo motivo è dato dalla cultura indiana. Sono sempre stato attratto dal mondo indiano e un po’ da tutto il sud-est asiatico. Uno stile di vita lontano da quello occidentale. Questo è anche uno dei motivi per cui non sono mai stato attratto da città europee o dai famigerati USA.

Il volo parte da Bologna e tramite scalo a Mosca si arriva a New Deli. Si arriva in India di sera e durante la festa delle luci, il Diwali. L’arrivo a Nuova Deli è una doccia fredda, prima di tutto il mio bagaglio viene smarrito, l’aria è irrespirabile e il degrado lungo le vie delle città è disarmante.

Arriviamo in albergo, ci riposiamo augurandoci che domani vada meglio. Ci svegliamo pieni di entusiasmo e pronti ad affrontare il Paese con nuove energie, sperando che il mio bagaglio si faccia vivo durante il giorno.

Quello che scrivo sul mio taccuino il primo giorno è questo:

“Il primo impatto con l’India è scioccante. Immondizia e degrado la fanno da padrona. Tutto è lasciato a sé stesso, anche le persone. La prima cosa che capisco è che L’India ha un potenziale immenso, ma la sua gente non sembra saperlo o interessarsene. Cercano di occidentalizzarsi, ma ciò non fa che abbruttire le loro usanze ed i loro costumi.”

Ad oggi, quello che scrissi e anche quello che più rappresenta il mio ricordo sul Paese dei Maharaja.

Il primo giorno a Deli è solo di passaggio, qualche visita a negozi di spezie, una moschea, la porta dell’India e alla tomba di Ghandi, con un poveruomo che ci trasportava in uno di quei calessi con la biciletta che traina; sarà stato un uomo di 50 kg. L’aria e carica di smog e la gola va in fiamme.

Da Nuova Deli ci spostiamo a Bîkâner, arriviamo in nottata dopo un viaggio di circa 400 km. La mattina la città ci appare piena di contrasti. Vacche e cani che rovistano insieme nei rifiuti in cerca di qualcosa di commestibile (povere anime, non saranno le ultime). Di particolare c’è da visitare il famosissimo tempio dei topi, o tempio di Karni Mata. Anche se il tempio era pieno di visitatori non è da tutti visitarlo. Si stima che ci siano circa 25.000 ratti neri che lo popolano.  Altro posto da visitare è il forte di Bîkâner, la visita solamente a questo posto fa capire la grandezza dell’arte Indiana.

Da Bîkâner si va verso il deserto e verso la bellissima Jaisalmer chiamata anche la città gialla, per il colore dell’arenaria impiegata per i suoi edifici. Dal mio taccuino:

“Jaisalmer è rappresentata dalle vestigia del suo forte, un bellissimo edificio che di notte si trasforma in un miraggio nel deserto. Come tutto quello visto fin ora il degrado la sovrasta. Le antiche mura, lontano dalla vista dei turisti, sono una discarica a cielo aperto. I venditori sono assillanti, e c’è sempre il pensiero che qualcuno voglia fregarti”

Quello che ricordo sulla città gialla è l’immensa potenzialità sprecata.

Il giorno successivo andammo da Jaisalmer al deserto che la costeggia, il deserto del Thar. Andammo lì per passare una notte nel deserto e fare dei giri sui dromedari. Ad oggi non so se avrei rifatto il giro sui dromedari, però anche muoversi per le dune con un mezzo a motore non è il massimo. Almeno gli animali non lasciano segni indelebili.

La sera nel deserto è stata molto bella e soprattutto il pane cucinato nello sterco di cammello. Che dire, il cielo era un qualcosa di meraviglioso. Abbiamo dormito su queste brande, con delle coperte pesantissime, e avevamo come tetto la Via Lattea. Un’esperienza che tutti dovrebbero fare nella vita.

Il giorno successivo si fa tappa verso Jodhpur, la città blu. La città non mi ha colpito tantissimo. Abbiamo visitato il forte; bellissimo ed enorme. La città blu (nulla di paragonabile a Chefchaouen in Marocco),porta questo nome a causa del colore che si dava alle case dei bramiri (Membro della casta sacerdotale indiana).

Da Jodhpur ci si è spostati ad Udaipur.  Qui andiamo a visitare il tempio di Ranakpur. Questo tempio è un’altra riprova di quanta bellezza e magia ci sia in India. Un tempio giainista, una delle tante religioni indiane. Il tempio è famosissimo per il numero delle sue colonne e per la popolazione di scimmie che ci vivono intorno. Di Udaipur ricordo il lago di Lago Fateh Sagar, con un piccolo tempietto al centro e la bellezza del tramonto. Qui sono da provare i massaggi ayurvedici. La città vecchia è pulitissima, ma basta spostarsi nella città moderna per ritrovare caos, inquinamento e povertà.

Da Udaipur andiamo verso Jaipur, detta la città rosa per il colore dei suoi edifici.  Appena arrivati siamo andati a visitare il mastodontico Forte Amber. Il forte dall’esterno era massiccio ed arroccato su un promontorio; dentro era si presentava bellissimo.

Di jaipur non abbiamo visto altro perché è successo quello che doveva succedere. Ia mia compagna di viaggio si è beccata una bella intossicazione alimentare e siamo finiti in ospedale. Non si può dire di essere stati in India senza essersi beccati almeno una volta un’intossicazione alimentare. Bisogna stare attentissimi non tanto il cibo, che essendo cucinato è quasi sicuro, ma all’acqua. L’acqua del rubinetto non è assolutamente sicura, solamente l’acqua imbottigliata può lasciarci leggermente sereni.

Da Jaipur ci dirigiamo verso Agra per vedere una cosa soltanto. Il Taj Mahal. Il monumento, manco a dirlo, è una delle meraviglie del mondo, una testimonianza di cosa possa fare l’amore. Infatti, il Taj Mahal non è altro che una tomba, un mausoleo. E’ stato costruito nel 1632 dall’imperatore moghul Shāh Jahān in memoria dell’amatissima moglie Arjumand Banu Begum, meglio conosciuta come Mumtāz Maḥal.

Bisogna andare all’alba per visitare il monumento senza la presenza eccessiva di turisti. La bellezza del luogo non ha pari. Si starebbe ore a guardare quel palazzo. Vi consiglio di andarlo a vedere anche dalla riva opposta del fiume Yamuna, dove si trova un piccolo parco (magari al tramonto).

Come nelle migliori storie il meglio deve ancora venire. Dopo la vista del Taj Mahal prendiamo un treno da Delhi per andare a visitare una delle città più emblematiche dell’India. Varanasi. Secondo l’induismo l’unico posto della terra in cui gli Dei permettono agli uomini di sfuggire al saṃsāra, cioè all’eterno ciclo di morte e rinascita, è la riva occidentale del Gange a Varanasi, perciò nel corso dei secoli milioni e milioni di induisti sono venuti a morire qui.

Arriviamo a Varanasi dopo una notte in treno (esperienza particolare anche se eravamo in 1° classe). A prenderci abbiamo la nostra guida locale, Papu. Varanasi a prima vista sembra una città magica, ma non per tutti. Sporcizia e degrado la fanno da padrona.   Arriviamo in albergo e andiamo subito sulla riva del Gange tramite una delle tante porte che dalla città portano alla riva del fiume.

Le rive del Gange hanno qualcosa di magico. Un esercito di santoni, uomini che fanno il bagno nel fiume, venditori di cianfrusaglie varie, donne che puliscono i panni avvolte nei loro bellissimi Sari. La cosa che colpisce di più, che è anche il motivo per cui la gente viene a Varanasi, è il rito della cremazione. La gente viene da tutta l’India per farsi cremare in questo posto.  Come detto prima, per  l’induismo l’unico posto della terra in cui gli dei permettono agli uomini di sfuggire al saṃsāra, cioè all’eterno ciclo di morte e rinascita.

Riusciamo ad assistere ad uno di questi riti. Prima la salma viene  immersa nel Gange (il fiume sacro) e poi posta sulla pira funeraria. La massa di legna viene accesa e si seguono tutta una serie di riti intorno alla salma che ritorna alla terra sotto forma di cenere.

Il giorno passa fra i vari Kanat (porte) e la città. La sera la riva del Gange si illumina di colori e di bellezza perché siamo nel periodo del Diwali, la festa delle luci; simboleggia la vittoria del bene sul male, della luce sulle tenebre.

La bellezza dell’India sta proprio in questo. Se uno riesce ad andare oltre la miserie e la sporcizia, rimane questa sensazione di sacro che gli Indiani hanno ovunque. Una magia che purtroppo, causa l’occidentalizzazione, stanno perdendo.

Il giorno dopo torniamo sulla riva del Gange per la nostra ultima passeggiata. La troviamo un disastro: piena di spazzatura risalente alla sera prima. Il Gange porterà via tutto.

Dal punto di vista naturalistico e ambientale il fiume sacro, il fiume che arriva dall’ Himalaya, il tetto del mondo, ormai (almeno in quel tratto) non è altro che una fogna a cielo aperto. Non sto neanche a raccontare degli animali morti sulla riva del fiume e poi sbranati dai cani randagi.

Da Varanasi prendiamo un volo interno che ci riporterà a New Deli e da qui in Italia.

Se qualcuno mi chiedesse: Dopo tutto quello che hai visto, dopo il degrado, la sporcizia e la povertà, torneresti in India ?

La risposta è assolutamente si. L’India ha qualcosa di magico che ti entra dentro. Ha qualcosa che va oltre i  parametri di bellezza occidentali. La bellezza sta nella magnificenza dei suoi edifici, nella poesia delle sue mille religioni, nella sua buonissima cucina. Se cercate qualcosa di diverso dal solito per i vostri viaggi allora l’India fa assolutamente al caso vostro.